Serata in Interclub, ospiti del R.C. Bergamo Hospital 1 GXXIII, per ascoltare da Marco Varvello, giornalista e scrittore, corrispondente RAI dal Regno Unito, le considerazioni sulla Brexit, che, al di là degli accordi che verranno o meno con la UE, ha già cambiato la vita dei cittadini europei presenti nel Paese e degli stessi britannici.
Capo dell’ufficio di corrispondenza della Rai a Londra, dopo esperienze passate a Berlino e negli Stati Uniti, vincitore del Foreign Press Award 2018 per un reportage sulla violenza domestica in Inghilterra, Marco Varvello ha scritto un libro in cui sottolinea come la Brexit non finisca con il successo o il fallimento del negoziato, ma va considerata come una malattia entrata nel nostro sistema nervoso, destinata a lasciare una traccia profonda, una cicatrice aperta che ha cambiato la Gran Bretagna e il rapporto di noi residenti europei con questo paese. “Brexit blues”, il titolo del romanzo pubblicato sei mesi fa da Mondadori, che descrive la malinconia di non sentirsi più a casa propria, non riconoscere più una terra lungamente amata.
“Volutamente non ho scritto un saggio, perché la storia quotidiana della Brexit la scriviamo e raccontiamo già quotidianamente nel nostro lavoro di giornalisti. Il ‘Brexit blues’ si è rivelato un male che non se ne va, anzi cresce. Non ho pronosticato come finirà la Brexit, perché ci vorranno anni a capirlo. Ma per esempio uno dei capitoli del mio libro tratta del rischio che i cittadini europei non vedano riconosciuti i propri diritti ed è quello che si è puntualmente verificato con Anna Amato, da decenni in Inghilterra ma impossibilitata a dimostrare il proprio status di residente. Non penso che ci sia cattiveria nei confronti dei residenti europei. Più che altro siamo vittime delle disfunzioni quasi inevitabili della macchina burocratica. Anche solo essere costretti a prendersi un avvocato per ottenere il settled status dopo un primo rifiuto, come è capitato ad alcuni nostri amici, rappresenta uno shock, oltre che un danno economico”.